È probabile che ad ognuno di noi sia capitato di preoccuparsi, in maniera eccessiva, nell’avvertire un dolore inaspettato o una sensazione insolita e temere in alcuni momenti di avere o poter contrarre una malattia.

Per alcune persone tale timore può divenire una paura sistematica e prolungata, di un’intensità tale da assumere caratteristiche ossessive. In questi casi la negatività dei referti diagnostici e le rassicurazione dei professionisti permettono una tranquillità provvisoria che ben presto lascia posto a nuovi timori.

Questa smoderata e infondata ansia per la propria salute si accompagna a un’iperfocalizzazione su segnali corporei innocui o di lieve intensità, che sono vissuti dalla persona come avvisi di grave malattia con conseguenti ruminazioni sulla patologia.

La continua attenzione sul corpo aumenta la sensibilità ad ogni variazione  o modificazione fisiologica e fa ricadere il soggetto nell’angoscia e preoccupazione per il proprio stato di salute. Nell’esperienza soggettiva l’aumento di intensità di una sensazione, che supera un certo range, una soglia personale su cui il soggetto mantiene la propria stabilità, viene avvertito come nocivo e considerato come sintomo. Il contesto non esiste più e il problema diviene interno. Il corpo “danneggiato” è il centro del mondo a scapito della propria esperienza quotidiana. In questo modo l’investimento totale del soggetto sulle proprie funzioni corporee può portare a interpretare erroneamente le emozioni esperite nel rapporto con il mondo esterno.

L’inquietudine e la sofferenza legate alla convinzione di essere malato possono essere tanto intense da compromettere la vita affettiva e sociale. Questi vissuti sono spesso accompagnati da alcuni comportamenti, come il continuo controllo del proprio corpo alla ricerca di possibili segni (lividi, macchie ecc..) di malattie, le numerose visite specialistiche o le spasmodiche ricerche su internet volte a ottenere più informazioni possibili sulle patologie.

 

“[…] È strano, ma non mi avviene mai di leggere un annuncio di specialità brevettate, senza sentirmi tratto alla conclusione d’essere affetto dalla peculiare malattia — nella sua forma più virulenta — che forma il soggetto dell’annuncio. A ogni modo, la diagnosi par che corrisponda sempre esattamente a tutte le mie particolari sensazioni.”
“Tre uomini in barca” Jerome K. Jerome                                                                                  

Agni inizi degli anni Duemila è stato coniato il termine cybercondria per indicare l’aumento dei livelli di ansia causato da eccessive e ripetute ricerche in rete, relative a malattie o al proprio stato di salute. I ricercatori Ryen White e Eric Horvitz hanno messo in relazione l’aumento esponenziale delle ricerche online di questo tipo con quello dei disturbi legati all’ansia di malattia, scoprendo un rapporto diretto tra i due fenomeni.

La ricerca di informazioni mediche online è un comportamento che viene messo in atto con l’intento di sentirsi rassicurati o ridurre l’incertezza rispetto alla propria condizione di salute. Spesso ciò che si trova sul web finisce invece per esacerbare paure e, in alcuni casi, amplificare ansie già presenti.

Alcune ricerche hanno messo in evidenza la preferenza degli utenti nell’utilizzare motori di ricerca generici (Google, Yahoo) anche per quanto riguarda la ricerca di informazioni di tipo medico. Bisogna considerare che questi sistemi utilizzano algoritmi che influenzano la qualità delle informazioni a cui si viene esposti, privilegiando risultati più popolari.

Per quanto riguarda le questioni mediche, sul web è presente una  maggiore quantità di contenuti riguardanti disturbi gravi rispetto alla disponibilità di informazioni su patologie lievi. Ciò favorirebbe la tendenza delle persone a focalizzarsi su condizioni di malattia più severe.

È  importante inoltre ricordare che esistono molti siti senza alcuna attendibilità scientifica. Diversi studi hanno sottolineato l’esistenza di una riluttanza da parte del 75% degli utenti  nell’effettuare una verifica dell’attualità e dell’attendibilità delle fonti consultate. Una mancanza di valutazione qualitativa dell’informazione medica e sulla salute  potrebbe favorire diagnosi e terapie “fai da te” sulla base di indicazioni non individualizzanti, non attendibili o parziali.

Il rischio è che internet  possa sostituire la figura del medico o di un’altra figura professionale (farmacista, psicologo, fisioterapista ecc).

Nell’impossibilità di tollerare il sentimento d’incertezza, il dubbio e l’imprevedibile, chi presenta forti inquietudini rispetto alla propria salute cercherà, attraverso la ricerca di dati, di trasformare la possibilità in una certezza. Tuttavia, questo essere esposti a un surplus di informazioni può alimentare erronee convinzioni riguardanti l’essere affetti da una grave patologia, favorendo  l’intensificarsi di una condizione ansiogena che può portare a limitazioni del proprio campo di esperienza e una visione spaventosa, catastrofica del futuro accompagnata da vissuti di tipo depressivo.

 

Fergus, T., A., Spada, M., M., (2017). Cyberchondria: Examining relations with problematic Internet use and metacognitive beliefs. Clinical Psychology & Psychotherapy (24) 1322–1330.

Horvitz E., White R. W. (2008), Cyberchondria: Studies of the Escalation of Medical Concerns in Web Search, Microsoft Research

Lagoe C, Atkin D., “Health anxiety in the digital age: An exploration of psychological determinants of online health information seeking”, Computers in Human Behavior.

Muse K, McManus F, Leung C, Meghreblian B, Williams JM., “Cyberchondriasis: fact or fiction? A preliminary examination of the relationship between health anxiety and searching for health information on the Internet”, J Anxiety Disord 2012 26(1):189-96.