Illustrazione di Henn Kim

 

A che punto siamo?

In questi mesi ci siamo sentiti sopraffatti dall’eccezionalità e della portata di questo momento storico, sconvolti nel nostro presente e preoccupati per le ripercussioni di tale situazione nel futuro.

È stata necessaria una ridefinizione dei confini, una riorganizzazione lavorativa e delle abitudini personali. In queste nuove condizioni, che ci è stato chiesto di rispettare, ognuno di noi ha sperimentato e gestito vissuti emotivi differenti.

Alcune persone hanno sfruttato il tempo della quarantena per impegnarsi in attività tralasciate, portare a termine progetti, mettere alla prova la propria creatività. Altri invece non sono riusciti a beneficiare di questo tempo per dedicarsi al lavoro o altro. C’è chi ha riportato importanti difficoltà di concentrazione, irritazione e un certo grado di frustrazione nel trovarsi di fronte l’ennesimo consiglio, ricetta o workout. Chi ha avvertito il senso di colpa per non riuscire a sfruttare in modo ottimale quel tempo “in più” spesso agognato e chi ha vissuto in un continuo oscillare tra imperativi autoimposti e procrastinazione. C’è anche chi di tempo non ne ha avuto e meriterebbe una riflessione a parte.

Tra un consiglio e l’altro sul miglior modo di gestire la quarantena, ci siamo forse dimenticati di rispettare l’individualità, il singolare modo di sentire e di gestire quel tempo e spazio che ci sono stati (necessariamente) imposti, non scelti.

Oggi si parla dei vissuti conseguenti a questa graduale riapertura e della fatica a ripartire dopo la quarantena. Si tratta del timore persistente del contagio o dell’impegno richiesto nel riorganizzare nuovamente la propria quotidianità, di ritornare, dopo un periodo di sospensione, a dinamiche relazionali faticose, di prospettive e aspettative poco favorevoli. È necessario inoltre tenere in considerazione che il contesto esterno è ben diverso da quello considerato di “normalità”. Ci sono regole nuove ed è necessario fare i conti con le limitazioni delle nostre possibilità. Non è quindi comprensibile  quel vissuto di “scomodità” e di reticenza nell’affrontare le attuali circostanze?

L’irruzione di questo fenomeno ha permesso di constatare l’illusorietà dell’idea di poter esercitare un pieno controllo su ciò che accade e una presa di coscienza dei nostri limiti. Le fasi di questo singolare periodo  possono aprire a riflessioni anche su aspetti delle nostre esistenze e su alcuni nostri modi di essere emersi in questo nuovo e perturbante contesto. Ci si può allontanare dal giudizio, cogliere e accogliere ciò che abbiamo sentito e non, quello che abbiamo fatto e non.

Forse qualcosa ci potrà essere utile

 

Dott.ssa Valeria Noè

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